Trattando di sostenibilità non si può non considerare come il mondo del business è stato, sia, e sarà influenzato in modo sostanziale dai cambiamenti climatici.
“Continuità” è un concetto che le imprese hanno imparato ad utilizzare in riferimento alla pianificazione e alla preparazione all’evenienza di incidenti o disastri naturali, che potrebbero inficiare la ripresa delle attività oggetto del business. Il climate change e la conseguente maggior frequenza di eventi estremi, oggi, è una variabile, un fattore di rischio, che non può più essere tralasciata in tali tipi di pianificazione.
Mentre dal mondo scientifico arrivano segnali di allarme riguardo al potenziale innalzamento del livello dei mari e alla pericolosità che questo comporta per la continuità dell’impresa, non molte organizzazioni hanno reso prioritario e degno di una seria analisi questo aspetto.
L’ UN IPCC nel suo ultimo report stima che entro il 2100 il livello del mare potrebbe salire da 26 a 98 centimetri. Secondo il Postdam Institute for Climate Impact Research lo scioglimento dei ghiacci dell’antartico farebbe crescere tale livello al di sopra delle stime dell’IPCC, anche seguendo uno scenario di fortissimo impegno a contenere l’innalzamento della temperatura globale nei 2°C. La NASA sostiene che lo scioglimento dei ghiacci sia ormai non più arrestabile e che l’innalzamento potrebbe arrivare fino a 1,2 metri.
Appare chiaro che un fenomeno di questa portata avrebbe ripercussioni molto pesanti anche per un paese come l’Italia. Si pensi solo ai danni potenziali alle proprietà e alle attività situate sulle coste, stime, ad oggi non quantificate puntualmente, che arriverebbero a svariati miliardi di euro.
Includere il potenziale di innalzamento del medio mare è una delle aree di vulnerabilità da evidenziare nell’assesment per la definizione della materialità. Vengono, in tal modo, sottolineati e compresi gli impatti diretti sulle operations e sulle capacità dell’impresa di approvvigionarsi e di fornire prodotti e servizi lungo tutta la catena del valore, dai fornitori ai clienti. Sono domande interessanti ad esempio: quanti depositi, negozi, fornitori di materie prime, proprietà immobiliari potrebbero essere soggetti a danni da mareggiate e fenomeni metereologici sempre più intensi? Di quanto potrebbero salire le polizze assicurative a copertura della continuazione delle attività in tali aree? Quanto sarebbe l’impatto economico sull’impresa?
L’assement di materialità implica il dialogo fra le varie funzioni aziendali (CSR, Risk manager, CFO, Human resources, Investor relator,..) e la fornitura di una informativa puntuale al board che permette la definizione di una strategia di lungo termine che tenga conto anche di questa variabile.
Attualmente alle aziende è richiesto di “auto-declinare” il concetto di materialità e di effettuare determinazioni indipendenti. Nel tentativo di superare questa situazione, iniziative di report annuali (ad esempio IIRC, CDSB, SASB) stanno lavorando per stabilire norme e metriche per il reporting non finanziario che possano essere applicate universalmente.
La quantificazione in termini di buget da allocare anno per anno per questo rischio non è semplice, dato il lungo arco temporale e l’incertezza dei livelli di innalzamento dei mari. Non di meno, lo sforzo potrebbe produrre delle riserve a garanzia di futuri accadimenti, ad una visione attenta anche a questo fattore critico ed ad un impegno ancora più importante nei confronti della strategia di sostenibilità.